COMITATO
SCIENTIFICO DI FORCES INTERNATIONAL - UNA CRITICA DI:
Invernizzi
G, et al. La misurazione in tempo reale del particolato fine prodotto
da fumo di sigaretta negli ambienti indoor: risultati di uno studio
pilota. Epidemiology and Prevention 2002; 26:30-34.
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Premesse
epidemiologiche
Lo studio accetta
senza un’ analisi critica che esista un collegamento causale tra le
polveri presenti nell’ aria urbana e l’incremento generale della
mortalità, e della morbilità per una varietà di condizioni
respiratorie. Sebbene lo studio riferisca ad una quantificazione
sommaria da parte del governo italiano e dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità, gli studi originali epidemiologici furono
condotti principalmente negli Stati Uniti dove, a tutt’oggi, non
sono stati utilizzati dalla Environmental Protection Agency per
regolare le polveri fini sospese nell’ aria, come invece il governo
italiano ha fatto (per una visione generale degli studi, vedere: Krewski,
D., et al. "Reanalysis of the Harvard Six Cities Study and the
American Cancer Society Study of particulate Air Pollution and
Mortality." Health Effects Institute.Cambridge,
Massachusetts, 2000. Collegamento internet: www.healtheffects.org).
Negli USA la credibilità di questi studi è oggetto di molte dispute,
e ancora sotto scrutinio. Un ulteriore colpo alla credibilità di
questi rapporti venne all’inizio del mese di Giugno 2002 dagli
stessi autori degli studi, che si videro costretti a rivelare l’esistenza
di un sostanziale errore nell’uso della software statistica usata
per analizzare i dati, ammettendo che gli originali e tenui valori di
correlazione furono esagerati di oltre il 100%. E’ probabile che una
maggiore riduzione sia annunciata dopo ulteriori considerazioni del
vero impatto dell’impostazione di parametri errati nella software
statistica (Vedi: "Statistical error leaves pollution data in the
air". Nature. 2002; 417:677; www.nature.com.
"Software glitch threw off mortality estimates". Science.
2002; 296:1945-6; www.sciencemag.org).
Oltre a questo errore statistico recentemente rivelato, gli studi
epidemiologici in questione soffrono di problemi strutturali
irreparabili. In primo luogo, essi ipotizzano che tutte le particelle
nelle poveri siano identiche sia chimicamente e fisicamente, sia nella
loro influenza sulla mortalità e sulla morbilità, e che qualsiasi
tipo di regolamentazione possa essere di beneficio (Per
critiche vedere: Lippmann M, Schlesinger RB. "Toxicological
bases for the setting of health-related air pollution standards".
Annu Rev Public Health. 2000;21:309-33; Lipfert F W, Wyzga R E.
"Air pollution and mortality: Issues and uncertainties". J
Air Waste Manag Assoc. 1995;45(12), 949-966; Phalen
R F, McClellan R 0. PM- 10 research needs. Inhalation Toxicology.1995;7:
773-779; Phalen R F. "Uncertainties
relating to the health effects of particulate air pollution: The US
EPA's particle standard". Toxicology Letters. 1998; 96-97,
263-267).
Gli studi
epidemiologici sono di discutibile tipo ecologico, e hanno definito l’esposizione
alle polveri come medie misurate da analizzatori meccanici, piuttosto
che come attuali misure al livello di persone reali, queste ultime
influenzate in diversi modi che non corrispondono a misure prese da
macchine posizionate in locazioni fisse. Le correlazioni sono comunque
molto deboli, vicine a 1,0 o anche sotto 1,0 in alcuni studi,
suggerendo queste ultime un effetto contrario e protettivo (Vedere: Lipfert
FW, et al. "The Washington University-EPRI Veteran's Cohort
Mortality Study: Preliminary Results." Inhalation Toxicol.
2000; 12(4): 41-73).
Gli studi pretendono
di creare preoccupazioni tali da giustificare una regolamentazione
focalizzata su polveri fini di 2,5 µm (PM2.5) di diametro,
indipendentemente dalla loro composizione chimica, sebbene in realtà
ogni "PM" includa un’incredibile varietà di sostanze di
origini diverse. Inoltre, gli studi non fanno alcuna distinzione tra
differenze estremamente elementari, come se le polveri siano solubili
o meno, reattive o inerti, acide o alcaline, biodegradabili o no, da
che cosa siano originate, e così via.
Infine, è chiaro che
la mortalità e la morbilità dipendono da un insieme di fattori che
devono essere tenuti in considerazione, e che non sono stati invece
considerati negli studi in questione (vedere: Green LC, Crouch EAC,
Lash TL. "What’s wrong with the National Ambient Air Quality
Standards (NAAQS) for fine particulate matter (PM2.5)".
Regul. Toxicol Pharmacol. 2002;35(3):327-337.
Lo studio di Invenizzi
et al. – classificato come studio pilota – soffre in modo fatale
di una grande varietà di problemi metodologici e di risultati che
chiaramente non possono essere interpretati, e che quindi conducono a
conclusioni errate. Inoltre, il titolo in se stesso è tendenzioso,
perché lo studio non distingue quale fosse la percentuale di polveri
provenienti dal fumo nella massa di polveri generiche che furono
misurate. |
Il saggio di una sola stanza e di una sola sigaretta
La sezione
"Materiali e Metodi" dello studio manca di informazioni
fondamentali. Non indica se nella stanza in cui l’esperimento è
stato condotto esistessero porte o finestre, e se fossero chiuse o
aperte durante l’esperimento. Si afferma che la ventilazione della
stanza era comune con altre stanze, che il tasso di ventilazione era
2x/ora, ma non si indica il tasso di miscela dell’aria, cioè se l’aria
immessa nella stanza era tutta aria fresca proveniente dall’esterno,
o se era completamente o parzialmente riciclata. Ciò è importante,
perché le referenze di controllo furono misurate alle 9:00 del
mattino, quando cioè gli impiegati cominciavano a lavorare in altre
camere, generando e sollevando polveri che potrebbero aver avuto
accesso alla stanza dove il test fu condotto; salvo comunque che l’aria
immessa non provenisse dall’esterno al 100%, e fosse filtrata da
tutte le polveri con diametro inferiore ai 10 micron (PM10),
dato che l’aria urbana di Milano non può essere libera da polveri.
Nella figura 1 si afferma che la concentrazione della PM nella stanza
dell’esperimento è essenzialmente zero all’inizio dell’esperimento:
una lettura veramente sorprendente. Infatti, tale valore sarebbe
incredibile, salvo che la stanza fosse una "clean room"
servita da una circolazione d’aria assolutamente pulita e a flusso
unidirezionale. Ad ogni modo, sarebbe stato essenziale un controllo
continuo delle polveri alla presa d’aria della stanza, in esatta
sincronia con la misurazione delle polveri nella stanza stessa.
Lo studio afferma che
lo strumento di lettura era situato a 1,5 m di altezza al centro della
stanza, ed usa la notazione "a parete", che può essere
interpretata come in posizione verticale ma manca assolutamente della
chiarezza necessaria. Il fumatore/fumatrice era posizionato/a a 2 m di
distanza dallo strumento, ma non è data indicazione della posizione
in relazione al flusso d’aria nella stanza. Nessuna menzione è
fatta del fattore determinante rappresentato dalle relative posizioni
dell’apparato sperimentale, e dalla locazione della presa e dello
scarico dell’aria nella stanza stessa.
I risultati in Figura
1 sono una chiara indicazione che il costrutto sperimentale era
inadeguato per determinare il contributo della "PM" all’unica
sigaretta fumata in una stanza di 30 m3 di volume, e con un
ricambio di ventilazione di 2x/ora. Ciò è perché la sigaretta media
produce 15 mg di polveri (vedere: Nelson et al. "Composition of
environmental tobacco smoke (ETS) from international cigarettes and
determinations of ETS-RSP: particulate marker ratios". Enviroment
International. 1997:23:47-52; Nelson et al. "Composition of
environmental tobacco smoke (ETS) from international cigarettes part
II: nine country follow-up". Environment International.
1998;24:251-257). Quindi, 15 mg in 30 m3 di volume
produrrebbero un massimo di 500µg/m3 di polveri quando ben
mescolate all’aria. Tale cifra sarebbe considerevolmente diminuita
da una ventilazione con tasso di 2x/ora se l’aria in entrata fosse
libera da polveri, e verrebbe ulteriormente ridotta tramite l’assorbimento
di polveri da parte delle superfici della stanza e delle persone
incluse. Infatti, i risultati in Figura 1 sono in netto contrasto con
quelli di studi pubblicati, nei quali in una stanza ermetizzata senza
circolazione d’aria del volume di 45, sei fumatori che fumavano
sigarette italiane producevano un livello di polveri massimo di
1600µg/m3 (vedere: Nelson et al., 1997, 1998 sopra).
Manca anche l’informazione
su come la sigaretta è stata fumata. Ipotizzando che sia stata fumata
da una persona, la massima lettura della "PM" è stata
raggiunta 10 minuti dopo la prima boccata, cioè nel momento in cui il
fumatore/trice ha smesso di fumare, visto che una sigaretta è fumata,
normalmente, in 10 minuti. Entro i seguenti 20 minuti la lettura della
misura della "PM" si avvicinava di nuovo allo zero. La
cinetica delle misurazioni riportate non è coerente con la
dispersione in un volume di 30 m3 ad un tasso di
ventilazione oraria di 2x. Ipotizzando una miscela aria-polveri con un’efficienza
di dispersione media, il massimo della concentrazione sarebbe stato
raggiunto oltre 30 o 40 minuti dopo che la sigaretta era stata fumata.
Invece, i risultati della Figura 1 sono coerenti con una scarsa
miscelazione d’aria nella stanza, con un posizionamento di persone e
arredi che crea condizioni particolari di flusso d’aria, e con il
posizionamento dello strumento di lettura esattamente a valle del
fumatore rispetto alla direzione dell’aria.
I risultati dello studio sono anche in
contrasto con la conclusione della Environmental Protection Agency
negli USA, le quali concordano col fatto che la concentrazione di
polveri attribuibile alle sigarette in ambienti reali interni si
aggira su una media inferiore a 50µg/m3 (vedere:
"Respiratory health effects of passive smoking. Lung cancer and
other disorders". United States Environmental Protection Agency,
Office of Research and Development, Washington, DC. 1992; www.epa.gov
). |
Il saggio
del ristorante
La sezione
"Materiali e Metodi" dello studio non fornisce informazioni
circa la continua misurazione della "PM" nella presa dell’aria
esterna durante l’esperimento, né dell’efficienza della
filtrazione, o del rapporto aria fresca/riciclata, del tasso di
ventilazione, della direzione del flusso d’aria negli ambienti,
delle misurazioni continue della "PM" alle entrate d’aria
negli ambienti durante l’esperimento; per non parlare della
disposizione e densità dell’arredamento, tende, moquette se
presente, eccetera. Inoltre, nessuna informazione è data sul numero
delle persone presenti negli ambienti, la frequenza delle sigarette
fumate in rapporto al tempo, il tipo di cibo servito, e così via. Con
la mancanza di tali informazioni di base, che hanno grande effetto
sull’ambiente, ne risulta che il saggio non è stato controllato, e
quindi i risultati non possono essere interpretati. Un altro ostacolo
all’interpretazione è la presentazione di dati sulle sezioni fumo e
non-fumo che non sono sincroni, ma derivano da campionature effettuate
in tempi diversi.
Esaminando la cosa da
qualsiasi punto di vista, i saggi riportati non sono né sperimentali,
né scientifici. Fossero anche delle semplici osservazioni, essi
mancano di fondamentale struttura e informazione.
Il livello della "PM" nella
sezione non-fumatori alle 21:25 è più alto che nella sezione
fumatori alle 21:45. Tra le 21:45 e le 23:05, il livello medio nella
sezione fumatori è a malapena oltre la concentrazione massima nella
sezione non-fumatori alle 21:25, suggerendo una differenza di meno di
50µg/m3, in accordo con le stime della US Environmental
Protection Agency, come notato sopra. Per altro, anche questa
conclusione rimane speculativa, e l’unica informazione generale che
si può raccogliere dalle cifre riportate è che, di gran lunga, il
maggior contributo alla "PM" proviene da fonti diverse dal
fumo di sigaretta. |
Le
conclusioni dello studio
Gli autori sembrano
accettare i risultati come fossero corretti dati di fatto sufficienti
a esigere intransigenti regolamentazioni della qualità dell’aria
urbana e di ambienti interni. Gli autori tentano di sostanziare i
risultati ottenuti in una stanza e una sigaretta citando
incorrettamente Nelson at al. ("Studies of environmental tobacco
smoke generated by different cigarettes" J Air & Waste
Managem Assoc 1998;48:336-344), uno studio in cui 6 sigarette
erano fumate in una camera ermetizzata e senza circolazione d’aria,
e non una sigaretta sola, come invece gli autori di questo studio ci
disinformano.
Circa il saggio nel
ristorante, gli autori sembrano essere ignari del fatto che le
osservazioni riportate non possono stabilire il contributo del fumo di
sigaretta alle polveri fini misurate nella sezione fumatori. Gli
autori affermano che nella sezione fumatori le concentrazioni di
polveri fini superavano i limiti legali per diversi ordini di
grandezza. L’implicazione è che la legge sia corretta, quando
invece è ampiamente chiaro che la legge italiana è stata redatta
senza un’analisi critica dell’evidenza epidemiologica.
Gli autori sembrano avanzare la stessa
ipotesi assurda che è avanzata dagli studi epidemiologici, cioè che
tutte le polveri fini siano la stessa cosa. A pagina 9 gli autori
concludono che "I dati presentati dimostrano la presenza di
concentrazioni molto elevate di particolato fine da fumo di sigaretta
negli ambienti pubblici abitualmente frequentati dai cittadini".
Tale affermazione non è sostenuta da alcuna delle osservazione
presentate nello studio dove, a parte le deficienze strutturali già
menzionate, non è stato fatto alcun tentativo per distinguere polveri
fini generate dalle sigarette da quelle generiche che sono state
misurate. La suddetta affermazione non può essere che falsa. |
CRITICA
CONCLUSIVA
Gli autori non
sembrano essere al corrente delle dispute internazionali sulla
validità degli studi epidemiologici concernenti le polveri fini nell’ambiente
esterno. Inoltre, essi prendono per scontato che il fumo passivo sia
un sostanziale rischio per la salute, probabilmente basando le loro
conclusioni sul rapporto meta-analitico della US Environmental
Protection Agency riportato sopra. Gli autori sembrano essere anche
ignari del fatto che tale rapporto è stato dichiarato fraudolento, e
che fu annullato da un Tribunale Federale statunitense (Osteen WL:
Order and Judgment in: Flue-cured Tobacco Cooperative Stabilization
Corporation et al. V. United States Environmental Protection Agency
and Carol Browner, Administrator, Environmental Protection Agency.
U.S. District Court, Middle District of North Carolina, Winston-Salem
Division. July, 17, 1998; www.ncmd.uscourts.gov
). Gli ordini del tribunale sono stanti a tutt’oggi, sebbene le
conclusioni fraudolente della EPA americana siano continuamente usate
in molti Paesi per giustificare leggi tanto draconiche e intransigenti
quanto infondate.
Gli autori non
sembrano essere a conoscenza della documentazione scientifica
concernente il contributo del fumo passivo alle polveri fini nell’aria
di ambienti chiusi, o di zone all’ aperto. Inoltre, le misure
riportate non meritano la qualifica di "dati", vista l’assenza
di elementari precauzioni sperimentali - precauzioni che sarebbero
dovute anche nel caso di uno studio pilota. Che lo studio poi sia
stato anche pubblicato dimostra chiaramente la debolezza del sistema
di revisione e controllo editoriale prima della pubblicazione. Lo
studio quindi non solo è un fallimento come studio pilota, ma è
deplorevole anche come tentativo dilettantistico. Rimane inspiegabile
che gli autori abbiano potuto consentire di avvallare con i loro nomi
uno studio che l’ Istituto dei Tumori di Milano dovrebbe ritrarre
quanto prima.
Il
Comitato Scientifico di FORCES Intenational
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Il Comitato Scientifico di FORCES International è
composto da scienziati, ricercatori, analisti, tecnici, medici, ingegneri e
sperimentatori. Queste persone operano ancora nella loro professione in
università, laboratori, o come liberi professionisti in varie nazioni del
mondo. Dato il clima d’intimidazione e di linciaggio morale,
professionale e finanziario usato dall’establishment salutista
internazionale contro coloro che espongono le truffe antifumo, l’esposizione
in prima persona delle persone summenzionate rappresenterebbe quasi
certamente la rovina economica e professionale loro e delle loro famiglie,
come è già successo a molti che si sono esposti.
Ciò nonostante, i membri tutti del Comitato Scientifico
Internazionale condividono l’amore per la verità e l’odio per la truffa
e la disinformazione scientifica volta a fini politici e commerciali. Essi
esprimono disgusto e preoccupazione per la profonda corruzione delle
istituzioni della "salute pubblica", con incalcolabili
ripercussioni sociali su questa e future generazioni. I membri del Comitato
contribuiscono il loro lavoro o in modo totalmente gratuito, o dietro un
modestissimo rimborso delle sole spese vive da parte di FORCES.
A queste persone, FORCES International offre la
protezione dell’anonimato garantito, e a loro porge la più sincera
ammirazione e riconoscenza dei suoi lettori e dei suoi soci nel mondo --
e di tutti coloro che hanno a cuore la lotta contro la corruzione salutista.
Non si può, però, fare a meno di soffermarsi a pensare
che coloro che hanno ancora il coraggio di denunciare la falsità siano ora
ridotti a una segretezza e circospezione reminiscenti dell’ antica
Carboneria risorgimentale; ciò dovrebbe essere di chiaro monito a coloro
che ancora si prestano a credere nell’onestà del salutismo.
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